Il 4 e il 18 marzo, dalle 17.30 alle 19.00, al Nido Stella del mare di Lignano Sabbiadoro, servizio del Comune gestito da Codess FVG, è in programma il percorso “Le emozioni colorano la vita”, due workshop gratuiti destinati a tutti i genitori di bambini da 0 a 6 anni. Gli  incontri, inseriti nel calendario di eventi promossi dal Forum Educazione di Lignano, saranno curati da Elena De Lucia, responsabile del coordinamento pedagogico della nostra area Prima infanzia, e Martina Turco, coordinatrice del nido Stella del Mare e counselor educativo. A loro abbiamo chiesto perché un percorso dedicato alle emozioni dei piccolissimi e che cosa possono trarne i genitori coinvolti.

“Parlare di emozioni è sempre interessante, soprattutto in una fascia d’età così delicata – spiegano le formatrici.  – Si sente parlare dell’importanza di educare i bambini a riconoscerle e a gestirle, ma a volte sono gli adulti più in difficoltà su questo fronte. Il nostro intento è coinvolgere direttamente i genitori: non proponiamo un corso di formazione, ma un contesto (perché di questo adesso c’è bisogno, a nostro avviso) in cui condividere esperienze, un luogo accogliente dove raccontarsi, per favorire la consapevolezza che permette di connettersi con la propria dimensione emotiva e allo stesso tempo sintonizzarsi con quella dei più piccoli. Per stimolare l’empatia, che significa entrare davvero in ascolto dell’altro.”

Che ruolo gioca l’adulto (genitore, educatore…) nel rapporto fra il bambino e le proprie emozioni?

“L’adulto, come sempre nella relazione educativa, ha un ruolo importante: il bambino è in una fase di scoperta e di crescita, e ha bisogno di un adulto accanto che lo accompagni, anche nel percorso di sviluppo e acquisizione delle competenze emotive. Possiamo pensare all’adulto come uno specchio, che riflette e rimanda al bambino lo stato emotivo che il piccolo vive interiormente senza essere ancora in grado di decifrarlo. E come a un modello, in grado di contenere le tempeste emozionali che possono verificarsi in questa fascia d’età. Un adulto che “regge” senza andare in frantumi l’onda d’urto di tali tempeste ed è in grado di indicare valide alternative.

In questo senso l’adulto è essenziale nello sviluppo dell’autoregolazione del bambino, ovvero della capacità di gestire in maniera autonoma le emozioni, soprattutto quelle intense: attraverso la capacità di riflettere su me stesso regolo il mio stato emotivo. È facile intuire che i bambini piccoli non sono in grado di mettere in atto un simile processo. A questa età la funzione regolatrice deriva dall’esterno, ovvero dall’adulto che se ne deve fare carico, facendo da specchio e da contenitore. Non posso pretendere che un bambino impari a controllare le proprie emozioni se io, come adulto, di fronte a una sua manifestazione esagerata non sono in grado di farlo.

E le parole? Che funzione hanno nello sviluppo della competenza emotiva?

I bambini provano emozioni prima di imparare a parlare, e le agiscono prima di saperle nominare. Anche qui l’adulto diventa fondamentale. La competenza emotiva si acquisisce all’interno delle relazioni sociali, a partire da quelle familiari e con le figure di riferimento, ed è alla base di quell’empatia di cui abbiamo detto prima, che ci permette di sentire l’altro, comprenderne gli stati d’animo e modulare di conseguenza i nostri comportamenti nei suoi confronti. Partendo da un atteggiamento di ascolto, empatia e accoglienza, l’adulto aiuta il bambino a imparare il “lessico emotivo”, le parole per indicare le emozioni, possibilmente con le varie sfumature di cui la lingua italiana è molto ricca (esiste la parola “triste”, ma anche “desolato” o “affranto”, o l’espressione “giù di corda”…). A mano a mano che il bambino acquisisce sicurezza dal punto di vista linguistico, diventa anche in grado di riconoscere e nominare il suo stato interiore in modo più preciso. Grazie al rispecchiamento e restituzione dell’adulto, il bambino non solo scopre il nome delle emozioni ma impara anche ad abbinarle alle sensazioni interne, progredendo nel processo di comprensione di sé. Potremmo quasi dire: nominare per dominare.

Spesso gli adulti si prodigano per tenere i bambini alla larga dalle emozioni negative, come la paura o la rabbia. Ha senso? Quale è un atteggiamento equilibrato su questo tema?

In effetti c’è la tendenza a classificare e dividere le emozioni in positive e negative, e a cercare di evitare queste ultime ai bambini. Non si tiene conto, però, di alcuni aspetti importanti: innanzitutto non ci sono emozioni buone ed emozioni cattive, per cui non ci sono emozioni giuste o sbagliate. Le emozioni sono. Punto. Ed è importate che a tutte venga riconosciuto un valore. Poi ci sono emozioni piacevoli che ci fanno stare bene, ed emozioni spiacevoli, che fanno stare un po’ meno bene. Ricordiamoci, però, che tutte le emozioni servono, sono necessarie per la sopravvivenza fisica ma anche psicologica e sociale. Hanno una funzione adattiva: di fronte a stimoli esterni o interni ci fanno attivare e agire comportamenti che servono a metterci al riparo, al sicuro. L’esempio più banale: di fronte a un animale feroce provo paura e questa paura mi fa scappare. Detto questo, possiamo dire che le emozioni non vanno rimosse, negate o represse, e nemmeno evitate. Le emozioni vanno accettate, gestite, incanalate e quello che fa la differenza è l’uso che se ne fa.

Ma se tutte le emozioni sono legittime, non è lo stesso per i comportamenti che ne possono derivare. Invece di evitare al bambino emozioni spiacevoli, l’adulto dovrebbe accompagnarlo a comprendere quali sono i comportamenti socialmente accettati e quali no. Il bambino in preda a una “tempesta emotiva” può non essere in grado di gestirla e manifestarla con comportamenti non adeguati. La prima cosa importante è che l’adulto a sua volta non si faccia travolgere, ma mantenga un atteggiamento calmo, di porto sicuro. Così facendo, è in grado di sintonizzarsi con lo stato emotivo del bambino e aiutarlo a leggerlo (“sei davvero arrabbiato, lo so”) e, guidandolo nella comprensione di quanto accaduto, può offrirgli delle alternative accettabili.  Alle volte molto utile è il ricorso al contatto fisico: un abbraccio può disinnescare molto, ma anche solo stare accanto al bambino senza sminuire quanto sta vivendo può aiutarlo a ritrovare la calma.

Dire che la rabbia e la frustrazione sono legittime, non significa però non gestire in alcun modo le situazioni che tipicamente le scatenano. Per esempio, può essere utile definire chiaramente con il bambino i passaggi di alcune situazioni. Ad esempio, se devo andare al supermercato con mio figlio e so che inevitabilmente vorrà prendere qualcosa, posso giocare di anticipo: prima di entrare, posso concordare con lui una cosa, e solo una, da prendere e una volta dentro, accompagnarlo subito a prenderla.”